Virtus e Letizia
- Paesane
- 18 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 21 gen 2018
Sezione racconti.

Virtus saluta i suoi alunni, dal cortile, e sale subito in macchina, come ogni giorno accade in quel della Val Sabbia.
Il sole si vede poco lì fra i monti delle Prealpi e a quell’ora, terminato che è lo schiamazzo degli studenti, cala il silenzio. Solo qualche auto o qualche viaggiatore appiedato di qua e di là.
Accende la radio e si lascia dondolare dalle dolci note del suo cantante preferito. “ …i giardini di marzo si vestono di nuovi colori e le giovani donne in quel mese vivono nuovi amori…”.
Che strana coincidenza ma i giardini dei pensieri di Virtus non sono poi così fioriti come quelli di Lucio Battisti; lei vorrebbe ma nella sua vita c’è altro, c’è il suo lavoro, ci sono loro: gli studenti. Tanto basta.
Virtus si sistema nella sua 500 L, nuova di zecca, auricolari e via ma… - Proof!- una voce le arriva da lontano e una mano striscia sul finestrino.
<<Proof!…non mi riconosce?>>.
Virtus si ferma, in realtà non è mai partita; si ferma con i pensieri, si ferma con gli occhi e cerca di ricordare a chi appartiene quella voce, quella mano, quel volto.
Le capita molto spesso di incontrare persone di cui non ricorda facilmente ma poi con un leggero sforzo ne viene a capo. È comprensibile. Quante ragazze e quanti ragazzi avrà reso uomini e donne…, quanti ne avrà valutati non certo come giudice…e quanti ne avrà trasformati da pietra grezza…
Ma ora ha serie difficoltà in questa normale giornata di primavera incipiente.
<<Prof! ma proprio non mi riconosce?>>
<<Mi dispiace, aiutami, dammi qualche indizio…i miei “anta” di seconda generazione cominciano a farsi sentire … è l’unica spiegazione dell’oblio in cui sono caduta>>.
<<Prof! è da tempo che desideravo incontrarla ma il tempo incalza, gli impegni anche e di anni ne sono passati davvero tanti. Tanti che lei non mi riconosce>>.
Virtus ascolta quella voce, la trattiene dentro di sé, ne cattura il timbro, poi incrocia il suo sguardo, magari gli occhi, sì gli occhi possono dire qualcosa, di più della voce, forse.
Virtus guarda quegli occhi, chiari, belli ma prova una strana sensazione; è certa di non averli mai visti prima quegli occhi, eppure c’è qualcosa di familiare…
Intanto qua e là qualche bus preleva gli ultimi pendolari… c’è silenzio.
Virtus si sforza, va oltre quello sguardo e ad un tratto esclama << Letizia Realli, alunna riservata e alquanto taciturna…>
<<Si, sono io …l’alunna riservata, taciturna, con lenti spesse, valutazioni al limite della sufficienza…che ci fossi o non ci fossi non ha mai avuto importanza… eppure io c’ero, con la mia vita, con tutta me stessa, con i miei turbamenti, le mie emozioni. Prof! io c’ero>>.
Virtus si riprende con i suoi ricordi; quella voce e quel volto sono diventati più chiari. Letizia è una donna ormai, realizzata forse e sicura di sé – pensa – sicura soprattutto di ciò che è stata nel passato.
In questo tuffo nel passato tra i banchi di scuola le parole di Letizia si sciolgono come neve al sole. Parole dolci, chiare, belle, affettuose. Anche i suoi sguardi non sono da meno.
Si è fatto tardi ormai, bisogna rientrare, bisogna congedarsi:<<Prof, l’ho sempre amata ma allora come ora lei non mi ha mai (ri)conosciuta>>.
Letizia va via ma Virtus rimane ferma, incredula.
- Come può essere che io non mi sia accorta di nulla; come può accadermi qualcosa e non accorgermi…come è stato possibile un amore unilaterale e silenzioso.
Poi accende il motore e va; a farle compagnia i suoi “perché” senza una risposta, almeno da parte sua.
Nunzia L.
Fig.: La scuola di Atene, Raffaello.
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