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Una voce che arriva dal passato. L'emancipazione e la fatica femminile.

  • Immagine del redattore: Paesane
    Paesane
  • 21 mar 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 23 mar 2018


"Noi troviamo insopportabili di esser pupille a novant'anni. [...] Voi, signori, fate le leggi, e noi non siamo consultate, ci confezionate in ogni maniera di salse, e non ci chiedete, neppur per forma, se non ce ne stiamo a disagio. [...] Non siamo contente affatto, e per non importunarvi con troppe cose in una volta, ne cerchiamo una sola, il voto politico."

Un tuffo nel passato non può che rendere giustizia ai traguardi del presente, perciò sono pronta a presentarvi una nuova anima amica: Anna Maria Mozzoni.

Nacque nella provincia lombarda nel 1837 da famiglia colta e nobile. Suo padre era uno studioso di fisica, sua madre la educò "al libero pensiero". Autodidatta, erudita, la si può immaginare nascosta dietro pile di libri, quei libri vecchi, ingialliti, illuminata da una candela. Fu amante della sua terra natale, la Lombardia, che nel Settecento cambiò volto grazie alle riforme illuminate dell'imperatrice asburgica Maria Teresa.

Quando era solo un'adolescente poté vivere e respirare il profumo dei primi moti carbonari: cominciava a prendere piede l'ideale di una rivoluzione che avesse respiro nazionale. All'Italia unita rimprovererà di non essere stata vera madre patria. ma matrigna per le donne, ignorandone diritti e privilegi.

L'interesse per la condizione femminile fu precoce e fortemente influenzato dalle teorie socialiste e illuministe, infatti proprio come era necessario cambiare e sovvertire i rapporti di proprietà fra le classi sociali, così era di fondamentale importanza scardinare la gerarchia fra i sessi. Allora si doveva raccontare della condizione infima e disistimata delle operaie, dello sfruttamento da parte degli imprenditori, dei salari sottopagati valutati sulla scorta dei reali bisogni delle donne "minori" rispetto a quelli degli uomini.

Nel 1864 scrisse "La donna e i suoi rapporti sociali" e solo un anno dopo pubblicò "La donna in faccia al progetto del nuovo Codice civile italiano". Per la prima volta rivendicò il diritto di voto amministrativo e politico per le donne. Lo Stato italiano oramai unificato era ingrato nei confronti delle tante patriote che per l'unità stessa avevano sacrificato energie, denaro e affetti. Scriveva che "il patibolo è la legge che dà i tuoi figli in proprietà a tuo marito e che dichiara te stessa schiava e serva di lui. Delle glorie di questa patria, delle sue gioie, dei suoi beni, dei suoi favori, neppure uno arriva a te."

Convinta mazziniana, si schierava con la sinistra della democrazia repubblicana, credeva nella rigenerazione politica e sociale impartita dalla corretta educazione che rendeva tutte e tutti "donne e uomini nuovi". Perciò nel 1870 tradusse in italiano l'opera del filosofo inglese liberale John Stuart Mill "The Subjection of Women" con il titolo "La servitù delle donne", rendendolo manifesto del'emancipazionismo e del suffragismo. Nel 1881 fondò a Milano la Lega promotrice degli interessi femminili, legata al Partito Operaio Indipendente.

Ora, in una Italia divisa, che mi pare fondata sull'odio reciproco, sull'irresponsabilità civile e politica, voglio ricordare Anna Maria Mozzoni per la sua grande e inascoltata battaglia per il voto alle donne. Conferenze, letture, articoli e saggi, tribune, tutti strumenti utilizzati per denunciare le ingiustizie di genere e di classe. In definitiva, il suo più grande merito fu la messa in evidenza dei limiti imposti alle donne che andavano oltre il censo e la classe di appartenenza: la rivoluzione doveva essere trasversale.

"Fanciulla! Davanti alla rovina dei tuoi ideali e circondata da questa marea di dolori, ti senti afferrata da invincibile tristezza, e il trovarti dannata da un fato inesorabile ed empio, senza peccato, pel sol fatto della tua nascita e condannata, concultata, esclusa, deprezzata, non potendo non far nulla per redimerti e incontrando anzi dappertutto lo scherno se osi lagnarti della tua sorte, ti sommerge il cuore in una sconfortante agonia e quindi scoppia in te una protesta contro la natura. Ma passata la forza della reazione passionata, il tuo pensiero moverà alla ricerca dei mezzi onde sfuggire al naufragio che sommerge le tue simili."

Da sempre considerata imbecille, minorata, incapace di affrontare razionalmente i grandi problemi sociali e politici, la donna doveva dedicarsi alla cura, alla bellezza, al candore dell'eleganza. Corpo dal cuore piccolo e dalla mente debole, con un unico scopo nella vita: piacere a tutti e circondarsi di vanità. La grande speranza della pioniera del femminismo in Italia risiedeva nell'educazione che rendesse la mente ferma, il carattere fiero, il cuore ardente: ci si doveva rendere conto degli orrori dell'ingiustizia e figurarne i responsabili, gli uomini. La giustizia sarebbe trionfata attraverso la lotta e la ribellione all'oppressione, l'ignoranza sarebbe stata illuminata e gli ideali oppressi riscoperti: il diritto naturale, la sovranità della propria persona, la scelta del lavoro, la libertà di tutti. E di tutte.

Allora alle fanciulle e alle figlie del popolo chiedeva di sentirsi parte dell'umanità, mezzo e scopo di se stesse, di spezzare le catene della prigionia del pudore. Libertà decisionale sul lavoro domestico, sull'educazione ai figli, sul matrimonio, indipendenza economica: le donne dovevano ingrossare le file della lotta e guardare il mondo oltre le pareti di casa. "Vieni con noi, fanciulla, a seminare la giustizia e la libertà. Vieni con noi e sii la madre delle generazioni avvenire."

Anna Maria Mozzoni va ricordata come un grande classico della storia, perché chiunque si ritrovi perso nelle sue parole ritroverà inevitabilmente nessi con il nostro quotidiano e letture del qui e ora, a distanza di quasi due secoli. Voglio immaginarla mentre dava forma alle parole attraverso i fatti, forte e caparbia mentre scriveva "La voce del popolo" nel 1877 e chiedeva con audacia qualcosa che sarebbe stato concesso alle donne solo settant'anni dopo: la possibilità di decidere da chi farsi rappresentare, l'incredibile opportunità del voto, che irrimediabilmente nel tempo ha perso il suo fascino, ma che necessariamente deve essere annoverata tra i diritti e i doveri del cittadino e della cittadina.

Vorrei che Anna Maria Mozzoni venga ricordata non per il traguardo, ma per la fatica del cammino.



di Marila Guglielmi


 
 
 

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