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Roma a luci rosse: l’arte erotica a Pompei ed Ercolano

  • Immagine del redattore: Paesane
    Paesane
  • 18 gen 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 20 gen 2018


Dimenticate la grazia e l'eleganza della Venere di Milo, l'eterea bellezza incalzante della Nike di Samotracia o l'imponente fierezza dell'Augusto di Prima Porta. Se pensate che i nostri avi, greci e romani, fossero tanto virtuosi quanto i loro più famosi prodotti artistici, vi sbagliate. Esiste un mondo, in ambito archeologico, che per secoli è stato censurato, bistrattato, eclissato, considerato indegno, sconcio e inappropriato agli occhi della pubblica opinione. Ma se l'obiettivo primario dell'Archeologia è quello di tentare di ricostruire la storia dei popoli in tutte le sue sfaccettature, dal quotidiano al sacro, dalla stoviglia all'opera d'arte, allora l'opinione pubblica poco conta; e così diventa impossibile risotterrare qualcosa che il tempo ha prepotentemente restituito e che porta il nome di "arte erotica", massimamente espressa a Pompei ed Ercolano.

A seguito delle campagne di scavo inaugurate attorno alla metà del '700, riemersero sculture, affreschi e oggetti di vario genere che mettevano in forte evidenza il simbolo fallico suscitando da subito un forte scalpore e risultando per l'epoca dei veri e propri feticci pornografici, tanto da essere nascosti nei meandri dei depositi o coperti da teloni, visibili esclusivamente da studiosi e su esplicita richiesta. Un esempio del lungo atteggiamento di censura è l'affresco del dio Priapo rinvenuto all'interno della Casa dei Vettii, a Pompei: il dio, che è raffigurato con un fallo di enormi proporzioni e che non a caso era la divinità  romana della fecondità  e della sessualità , fu obliterato da uno strato d'intonaco e riportato alla luce solo in epoca recente e a seguito di abbondanti precipitazioni.


Altri affreschi, per così dire espliciti, sono quelli del lupanare di Pompei, un vero bordello in cui la prostituzione era legalmente esercitata. Le scene erotiche volevano rappresentare una sorta di Kamasutra romano, il cui scopo era quello di illustrare le possibili prestazioni riservate ai clienti. Degne di nota sono anche le immagini affrescate nelle Terme suburbane, delle quali le più spinte raffigurano un threesome, o ménage à  trois , e un cunnilingus che non necessita di particolari traslitterazioni. L'arte erotica di Pompei ed Ercolano non si limita esclusivamente alle decorazioni parietali ma è compresa in una vastissima varietà  di reperti, dai più comuni utensili da cucina ad oggetti estremamente personali, come talismani ed amuleti. Il vasto repertorio erotico è esposto al Museo Archeologico Nazionale di Napoli in una sezione denominata, nel 1819, "Gabinetto Segreto" da Francesco I di Borbone, sovrano del Regno delle Due Sicilie. Interdetto dai riferimenti esplicitamente sessuali dei manufatti esposti, il Re limitò l'accesso alla sala esclusivamente "alle persone di età matura e comprovato rispetto nei confronti della moralità", fino ad essere definitivamente chiusa nel 1851.

Seguì poi la riapertura coatta da parte di Garibaldi e progressivamente una nuova censura da parte del Regno d'Italia, ancor più eseguita durante il Fascismo, quando per visitare il "Gabinetto" occorreva un permesso speciale da parte del Ministero dell'Educazione Nazionale. Dal 2000 la sala è definitivamente aperta al pubblico, sebbene i minori di 14 anni debbano essere accompagnati da un adulto. Sarebbe troppo arduo descrivere o anche solo elencare, in questa sede, tutti i reperti esposti nella sala, come d'altronde è riduttivo associare l' "arte erotica" al mero erotismo poiché gli oggetti e gli affreschi sono in realtà lo specchio di usi e costumi consolidati nell'antica Roma, accettati e condivisi dall'opinione pubblica, svincolati dal filtro cristiano che inevitabilmente ha condizionato e condiziona la nostra "morale". Tanti tra questi reperti sono simboli stereotipati che alludono alla fertilità , all'abbondanza, alla Madre Terra, retaggi di civiltà  anche molto più antiche, ed è per questo che all'arte erotica andrebbe restituita la dignità  che le spetta; d'altronde non è bastata l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. per distruggerla. Altri tentativi sarebbero del tutto vani. E poi, come si suol dire: "il peccato è negli occhi di chi guarda".


Federica Rotondo

Laurea Magistrale in Archeologia.


Fig. 1: Scena erotica, Terme Suburbane, Pompei.

Fig. 2: Priapo, Casa dei Vettii, Pompei.

Fig. 3: Scena erotica, Lupanare, Pompei.

Fig. 4: Lucerna fallica, Gabinetto Segreto, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.


 
 
 

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