I bambini non lo sanno
- Paesane
- 18 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 20 gen 2018

Qualche giorno fa sono stata incaricata di rifare, nell'asilo nido in cui lavoro, un cartellone ormai rovinato. Inizio subito a pensare a come riscriverlo, lo stile da utilizzare, i colori da usare. L'avevo letto un giorno, frettolosamente, saltando le parole. Si trova in bella vista appeso davanti alla porta del salone dove i bambini trascorrono la maggior parte del tempo e da cui noi maestre entriamo ed usciamo mille volte al giorno.
Si tratta dei 10 diritti chiamati "naturali" e scritti da Gianfranco Zavalloni, nato a Cesena da una famiglia di contadini, maestro e dirigente scolastico. Ha vissuto la sua vita tra banchi e orti pensando che l'educazione per funzionare dovesse essere creativa, che dovesse passare attraverso le abilità manuali, le lingue locali e la multiculturalità. Quando pensiamo ai diritti dei bambini pensiamo alla dichiarazione dei diritti del fanciullo emanati dall'ONU nel 1924.
Non li conosce quasi nessuno i dieci diritti di Zavalloni, per questo ho deciso di parlarvene. Così, almeno per un attimo, leggendoli, grandi e bambini, potremmo ricordarci che in fondo la bellezza della vita si nasconde nelle piccole cose. Era necessaria questa brevissima biografia per capire da dove e da chi nasce il pensiero dei 10 diritti naturali. Naturali perché sono semplici e appartengono alla vita quotidiana, appartengono ai nostri bambini, ma soprattutto parlano a viso aperto ai nuovi genitori.
Il diritto all'ozio, a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti.
Il diritto a sporcarsi, a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti.
Il diritto agli odori, a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura.
Il diritto al dialogo, ad ascoltare e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
Il diritto all'uso delle mani, a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco.
Il diritto ad un buon inizio, a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura.
Il diritto alla strada, a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade.
Il diritto al selvaggio, a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi.
Il diritto al silenzio, ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua.
Il diritto alle sfumature, a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle. GIANFRANCO ZAVALLONI
Li chiamiamo diritti ma i bambini non lo sanno. Dovrebbe esserci allora una corte suprema che garantisca sulla loro applicabilità. Oppure gli stessi potremmo chiamarli doveri: i dieci doveri dei genitori nei confronti dei loro figli. Il mio preferito è il decimo: IL DIRITTO ALLE SFUMATURE, perché essere educati a guardare il mondo come una tavolozza di infiniti colori ci insegna ad essere meno integralisti con gli altri e con noi stessi; ad accettare la diversità delle persone e rifiutare la pretesa di conoscerle fino in fondo; ci spinge a riflettere sulle situazioni guardandole ogni giorno da una prospettiva diversa.
"Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre."
11 JOSE SARAMAGO, Viaggio in Portogallo, trad. it., Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2011
Arcangela Dargenio
Educatrice, laureata in Scienze Pedagogiche.
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